Una salvifica discesa nell’Es (di Daniele Rocca)

Al centro di questo nuovo cortometraggio di Christian Candido, già autore dei notevoli Red Shift (2009) e Red Shift (2021 Rework), si pone il tema dell’intelligenza della tecnologia. Annunciato da Metropolis di Fritz Lang (1927) e definitivamente sbarcato nel grande cinema con 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick (1968), esso viene da Candido trasposto su di un piano simbolico, diretto ad altre finalità e riletto con disincanto e ironia, in una “fiaba urbana in musica” di ambientazione torinese.

Il clima del film, la sua aura enigmatica, traspaiono fin dalle immagini d’apertura, nelle quali il luminoso campo lungo sul ponte della Gran Madre e su piazza Vittorio si alterna a splendidi dettagli, come quello dell’acciottolato fra le rotaie del tram in piazza Vittorio, cosparso di una luce tenue.

Già con il disguido da cui si origina la vicenda e la rivoluzione esistenziale che ne costituirà l’asse, ossia con l’incontro fra una giovane barista, Pepi (Francesca Annicchiarico) e la radio Boom (a cui da voce Manuela Villanova), assistiamo al dislocarsi del discorso narrativo su quel crinale che vede in comunicazione il realismo magico e la fantascienza.

L’impostazione si consolida con l’uso della soggettiva per Boom, che filtra la realtà nella propria prospettiva, come quando Hal 9000 nella celebre scena di 2001  leggeva il labiale dei due astronauti dopo che questi, presi da un embrionale sospetto, ne avevano disattivato le facoltà di ascolto. La tecnica di regia impiegata al proposito in Boombox è quella del disturbo delle immagini, come se venissero incamerate da una frequenza diversa rispetto alla nostra, e l’effetto risulta straniante; al pari di quando la radio, svelando una volta per tutte la propria natura angelica, trascina Pepi all’interno di un edificio, giù per le sue scale, verso un destino differente da quello dell’alienazione in cui vive. È grazie a questa iniziativa che Pepi si ritrova fra le accoglienti pareti di una scuola di ballo, dove a dominare sono i toni caldi, sia nei colori, sia nelle musiche, rispetto al blu e agli stridori della città in notturna, come se esistesse una città segreta, in apparenza sepolta, ma viva, all’interno di quella in cui si crede di vivere, però al tempo stesso, giorno dopo giorno, ci si spegne.

La discesa nel dominio dell’Es offre alla protagonista la possibilità di risanare le ferite relazionali cui sembrava ormai condannata e di ritrovare, nel profondo di sé, attraverso quello specchio del suo mondo interiore che è il mondo della sala da ballo, l’energia rigeneratrice capace di salvarla. Lì è infatti tutto al contempo meno prevedibile e più chiaro: potremo stupirci che siano i ragazzi del locale (per prima Alex, interpretata da Chiara Doria) e non l’algida, scettica e opportunista coinquilina Stella (Alessia Debandi ) a capire che la radio tenuta in braccio della ragazza appena arrivata è una Boombox? Anche in questa parte, affiora un realismo magico, che conferisce ulteriore fascino al lavoro, già valorizzato dalla cura della fotografia e da un montaggio vivace ma in sintonia con i morbidi movimenti di camera.

A conferma del passaggio in un’altra dimensione, quella della salvezza nel desiderio, ai custodi del regno sotterraneo Pepi non riferisce il suo nome, ma decide di ribattezzare se stessa.

Sarà “Salsa”. Non solo.

Anche gli ultimi ostacoli del mondo di fuori vengono ridotti a innocui echi. Quando la invitano a ballare, significativamente la ragazza risponde con un’elencazione di doveri richiamata, in una spassosa sequenza-pastiche, da brevi scene che si delineano nella sua immaginazione come altrettanti dettami del Super Io - i colpi di coda finali delle sue molte maschere, dolorose e inevitabili.

Non può, non riesce, non ha tempo. Ma dopotutto vuole.

Le resta una remora, il timore di non poter ballare poiché le mancherebbe la “preparazione”. Allora Felix (maestro della scuola di ballo dal nome parlante, l’ottimo Cristian Audino) le spiega che quello è un vano particolare, e la conduce nella sala da ballo interna, il cuore stesso di quel mondo del desiderio e dell’istinto: qui la preparazione non serve, giacché i codici non hanno utilità, si sono dissolti, e Salsa, malgrado la precedente esitazione, ballerà a lungo con lui, anzi, forse per la sua vita quella serata avrà ulteriori sviluppi: bisogna infatti osservare che l’alternarsi in dissolvenza fra chiariscuri di colori caldi e freddi nella scena del ballo suggerisce la raggiunta sintesi fra la dimensione dell’esistere e quella dell’essere, il mondo di fuori e il mondo di dentro, una saldatura che segna il compiersi di un’evoluzione.

Novella Alice, Pepi è passata al di là dello specchio, si è calata nel pozzo dei desideri e la sua fiaba vira verso il lieto fine. Del resto, Panta rei, tutto scorre, come recita il nome del bar in cui Pepi lavora.

Nell’ultima scena, il ritorno al cielo di ciò che dal cielo è disceso porta a compimento l’insieme di suggestioni che costellano il cortometraggio: è a ben vedere logico che una storia costruita intorno all’idea di verticalità si chiuda, con perfetta coerenza semantica, proprio su questa immagine.

 

Daniele Rocca

Daniele Rocca è stato collaboratore della rivista "Belfagor" dal 2001 al 2011 e dell'"Indice dei Libri del Mese" dal 1999 al 2019, insegnante di Materie Letterarie e Storia del Cinema al liceo, è anche autore di libri in ambito storico e del pensiero politico.